I disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS) comprendono l’autismo classico, la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett, il disturbo disintegrativo dell’infanzia (o sindrome di Heller) e il disturbo pervasivo non altrimenti specificato (NAS). Tali disturbi sono caratterizzati da una significativa compromissione dell’interazione sociale e della comunicazione, interessi limitati, atteggiamenti stereotipati e ripetitivi (sfarfallio delle mani, dondolio o l’oscillazione del busto e del capo, andatura in punta di piedi); difficoltà specifiche nella coordinazione dinamica generale, nella coordinazione oculo-manuale o nell’organizzazione spazio-temporale.
Nel 60-70% dei casi vi è la presenza di ritardo mentale, mentre nel restante 30-40%, in cui il QI totale è normale o, comunque, superiore a 70, si parla di DPS ad alto funzionamento. Pur essendoci una compromissione nelle aree della interazione sociale e del linguaggio comunicativo, queste persone possono manifestare doti creative e intellettive elevate. Alcuni esempi? Andy Warhol, Bill Gates, Stanley Kubrick.
Poiché emozioni e sensazioni corporee possono decodificare ciò che accade intorno a noi e in noi, esperienze sensoriali e relazionali precoci possono trascrivere nel nostro corpo delle memorie sensoriali e corporee, che saranno in grado di influenzare la struttura del nostro Sé e la visione di noi stessi in rapporto all’Altro, arricchendo i propri schemi emotivi, cognitivi, sensoriali, motori e comportamentali.
Ecco perché l’attività motoria è importantissima per il corretto sviluppo dell’individuo e offre, attraverso la scoperta e l’esplorazione del proprio corpo e dell’ambiente, attraverso il movimento e l’attività ludica, individuale e di gruppo, la possibilità di apprendere numerose abilità nelle diverse aree di sviluppo, conoscendo meglio se stessi e gli altri, le proprie potenzialità e i propri limiti, le regole sociali ed emotive, che regolano i rapporti interpersonali.
Per una persona con autismo l’attività motoria può rappresentare, infatti, un’importante occasione per lo sviluppo di abilità funzionali proprio nelle aree che risultano maggiormente compromesse dal disturbo: l’area della comunicazione, quella dell’interazione sociale, degli interessi e del comportamento, come la gestione dell’ansia e dello stress.
La pratica dell’attività motoria è fonte di benessere psico-fisico-emozionale, alla base della realizzazione personale, ed è un valido strumento per l’inclusione sociale. Le persone con disabilità non vengono identificate nella loro patologia. Riconoscere la persona con disabilità nel “deficit” significa ridurre la sua identità alla sola dimensione “malata”, separandola sempre più dalla “normalità” e impedendo un globale sviluppo del percorso di crescita personale e di autorealizzazione.
In particolare, l’attività motoria integrata, in grado di rendere accessibile a tutti la pratica di sport come il calcio, il basket, la pallavolo, insegnata in un contesto di “inclusione”, di partecipazione condivisa tra persone disabili e normodotate, educa alla capacità di chiedere aiuto nei momenti di maggiore stress o disagio, abbandonando quasi completamente comportamenti come urlare o lanciare oggetti. Aiuta a scegliere, pianificare e svolgere attività didattiche e ricreative in autonomia, a mantenere una breve conversazione con i compagni e a esprimere i propri stati emotivi.
E’, inoltre, una preziosa occasione di crescita per tutti. L’educazione inclusiva offre il vantaggio di considerare la diversità sempre come positiva, includendo bisogni che si influenzano a vicenda: il bisogno di essere come gli altri e accogliere i bisogni speciali di ognuno. In ambito motorio e sportivo, l’inclusione stimola la collaborazione per raggiungere obiettivi comuni e l’apprezzamento reciproco.